Mercato orso e mercato toro: qual è la strategia di base per fare meglio degli indici

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Mercato orso e mercato toro: anche un settore arido come la finanza sa usare delle belle metafore per indicare i concetti. Si parla infatti di bear market (orso o mercato ribassista) e di bull market (toro o mercato rialzista) per indicare l’andamento medio dei titoli azionari, che nel primo caso è in caduta e nel secondo in crescita.

Le espressioni non hanno nulla a che fare con il carattere dei due animali: pare infatti che bull sia un termine onomatopeico che riproduce i monosillabi con cui comunicavano i compratori di azioni nella Borsa olandese dei primordi. Mentre il termine “orso” proviene dal modo di dire “non vendere la pelle dell’orso prima che sia morto”, azione simbolica che ricorda quanto avviene nelle vendite allo scoperto.

Fin qui le curiosità lessicali. E ora qualche concetto di base sull’ABC degli investitori – categoria di persone per le quali è fondamentale riuscire a dominare gli impulsi naturali, guardando non alla volatilità del presente, bensì ai ricavi nel lungo periodo. L’emozione e l’altalena delle notizie finanziarie spingerebbero infatti a lasciarsi trascinare dall’entusiasmo e a investire denaro in Borsa quando il mercato è in fase toro e a vendere le proprie azioni quando invece la borsa è in fase orso, lasciandosi prendere dal panico. Anche spostare denaro da un fondo un altro perché spaventati dalle perdite oppure attirati dai guadagni è una risposta dettata dall’emozione che di rado porta a risultati soddisfacenti.

Questo atteggiamento, per quanto spontaneo e per certi versi seguito da branchi di investitori alle prime armi deve essere contrastato ponendosi un obiettivo chiaro, scegliendo con cura gli strumenti (a seconda dell’orizzonte temporale disponibile) e imponendosi a priori una disciplina riguardante le entrate e uscite. Ad esempio, occorre imporsi di acquistare azioni (anche sotto forma di ETF diversificati su euro e dollaro) soltanto quando gli indici relativi sono calati di almeno il 20%; e di acquistarne una seconda tranche se quel prodotto scende ancora del 20% e così via finché il trend non sarà invertito.

Nel momento in cui (sperabilmente) l’indice ritornerà pari al livello del primo acquisto compiuto bisognerà attendere finché non sarà cresciuto del 20% e solo in quel momento vendere il capital gain, investendo il ricavato in titoli di stato. E rifare la stessa cosa se proseguirà la crescita dell’indice. Questa strategia basilare (ovvero, fare shopping quando i prezzi sono bassi e vendere quando salgono) è quella che utilizzano i bravi gestori per battere la performance degli indici.


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