Investire nella giada: i cinesi ci credono

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La passione dei cinesi per gli investimenti in oro e gioielleria d’oro è universalmente nota, ma c’è una pietra che attrae ancora di più la loro attenzione: si tratta della giada, il cui valore è decuplicato nel decennio passato, superando di gran lunga quello dell’oro. Chi visita la Cina rimane stupefatto nel vedere i prezzi esorbitanti che hanno i monili in giada esposti nelle vetrine delle gioiellerie e, a quanto pare, le riserve minerarie del paese sono in via di esaurimento.

A differenza dell’oro, che può essere fuso e ha un prezzo abbastanza obiettivo, basato sul suo peso e sulla purezza, ogni pezzo di giada è unico nel suo genere. Il suo valore risiede per gran parte nella valutazione soggettiva di chi lo guarda, anche se questa di solito è basata anche su misure, forma, colore, maggiore o minore opacità e maestria artigianale. Tra l’altro, vale la pena di precisare che con il termine “giada” si intendono due pietre molto diverse tra loro: la nefrite, di colore più chiaro e aspetto latteo e la giadeite, di un verde più profondo.

Il prezzo sempre crescente della giada sul mercato cinese non è soltanto una curiosità interessante, ma è una dimostrazione della tendenza a incanalare i risparmi in beni rifugio, di per sé improduttivi ma alternativi al mercato immobiliare su cui il governo cinese introduce spesso misure per limitare la speculazione. Inoltre, purtroppo la giada è uno degli investimenti su cui riversano i proventi dell’economia nera cinese e della corruzione: sculture, ciondoli e soprammobili non sono soltanto belli, ma investimenti che potremmo definire “al portatore” e “non tracciabili”, a differenza dei prodotti bancari o degli immobili.


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