BOT, BTP, BTP€i, CCT, CCTEu, CTZ: quali sono le differenze tra i titoli di Stato e su quali conviene investire in questo periodo

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Come si fa ad acquistare titoli di Stato? Si possono sottoscrivere sia in fase di emissione, ovvero in occasione di un’asta del Tesoro: in questo caso bisogna recarsi presso la propria banca e prenotare, almeno un giorno prima, la quantità di titoli che si desidera sottoscrivere. Le date delle aste sono pubblicate sul sit web del Ministero del Tesoro, avvengono una volta al mese per i titoli a scadenza semestrale e annuale; la scadenza è invece variabile a seconda delle esigenze di liquidità dell’Erario per i Bot trimestrali e flessibili. In alternativa, i titoli di Stato possono essere acquistati, anche in un momento successivo, quando sono già stati venduti all’asta, ovvero sul cosiddetto “mercato secondario”.

I titoli di Stato venduti nelle aste sono di vari tipi:

* BOT (Buoni ordinario del Tesoro): sono titoli obbligazionari a durata breve (3, 6 oppure massimo 12 mesi) e senza cedola (cioè senza interessi pagati periodicamente agli investitori). Il loro rendimento è costituito dalla differenza tra valore di rimborso (valore nominale) e il prezzo di emissione, che è “sotto la pari”. Per dirla in altri termini, vengono venduti “a sconto”, ovvero a un prezzo inferiore al valore nominale, che sarà invece pagato all’atto del rimborso.

* BTP (Buoni del Tesoro poliennali) sono titoli a medio-lungo termine e prevedono il pagamento di una cedola fissa ogni sei mesi. Esistono in scadenze a 3, 5, 10, 15 e 30 anni. Il rendimento finale è costituito dalla differenza tra il valore nominale pagato all’atto del rimborso e il valore dell’emissione – sommato alla cifra che corrisponde all’ammontare le cedole. Esistono anche i BTP-i o BTP€i (Buoni del Tesoro poliennali indicizzati all’inflazione europea – misurata dall’Eurostat), che forniscono agli investitori una protezione contro l’inflazione, calcolandola sulla media dell’area euro. Possono avere scadenza a 5, 10, 15 e 30 anni e garantiscono la restituzione del valore nominale anche in caso di deflazione: se i prezzi dovessero calare, la cifra per essi rimborsata alla scadenza non potrà essere inferiore al valore nominale. I Btp€i garantiscono un interesse costante in termini reali (cioè dal punto di vista del potere d’acquisto), che in termini tecnici si chiama “tasso annuo cedolare reale”). L’importo delle cedole semestrali è variabile e si calcola moltiplicando il 50% del tasso annuo di interesse cedolare reale per il capitale nominale rivalutato alla data di pagamento della cedola. Invece il capitale rimborsato alla scadenza viene calcolato moltiplicando il valore del capitale nominale sottoscritto per il coefficiente di indicizzazione (cioè della variazione dei prezzi avvenuta durante la vita del titolo) nel giorno della scadenza.

* CCT (Certificati di credito del Tesoro) sono titoli di stato a tasso variabile. Hanno una durata di 7 anni e cedole variabili semestrali, legate al rendimento dei BOT a sei mesi più una maggiorazione. Esistono pure i CctEu, che sono indicizzati all’Euribor a 6 mesi, invece che ai BOT.

* CTZ (Certificati del Tesoro zero coupon) sono titoli di Stato della durata di 24 mesi privi di cedole. Il loro rendimento è costituito dallo “scarto di emissione”, cioè dalla differenza tra il valore nominale (quello rimborsato alla scadenza) e il prezzo di acquisto. Nessun rendimento fino alla scadenza, dunque, cioè due anni dopo – a meno di una vendita sul mercato secondario, sperando in una plusvalenza.

Vediamo ora quali sono i consigli degli esperti per gli investitori, a seconda del loro profilo di rischio:

* I BOT sono un investimento che dà buona sicurezza a grandi e piccoli investitori perché la loro durata è così breve da non lasciare praticamente spazio all’eventualità di un temuto default. Il rendimento non è altissimo, ma neppure trascurabile. Tra l’altro, nei prossimi mesi il Governo punterà molto sui titoli a brevissimo termine (trimestrali) o su quelli con scadenze non standard (detti “BOT flessibili”).
* I BTP sono più adatti a chi è munito di una buona propensione al rischio e non ha esigenze di reperire liquidità nel medio termine. I rendimenti dei BTP sono in questo periodo alle stelle e, trattandosi di titoli a cedola fissa, costituiscono una buona occasione poiché non si attende un rialzo dei tassi a breve. Per diminuire il rischio, meglio scegliere titoli a 2 o 3 anni. Del resto anche il Tesoro sta puntando sempre più a emettere titoli a breve termine e forse abbandonerà del tutto l’emissione dei BTP trentennali.
* I Btp€i sono soggetti (oltre che al rischio di default dell’Italia, come tutti gli altri titoli) anche al fatto di essere legati al tasso di inflazione europeo, che potrebbe essere inferiore a quello italiano – in questo senso la protezione per gli investitori italiani sarebbe solo parziale. I rendimenti possono essere notevoli, almeno per chi ha buona propensione al rischio o anche per chi non attende la scadenza e li rivende sul mercato secondario (per esempio, in questo periodo, che è molto favorevole).
* I CCT e i CCTEu sono tradizionalmente considerati estremamente sicuri, grazie agli aggiornamenti periodici dei tassi capaci di allineare i loro rendimenti con quelli del mercato, evitando in questo modo la svalutazione dei titoli. Di recente però la speculazione, facendo leva sul “rischio insolvenza” dell’Italia, ha fatto salire le tensioni anche su questi titoli, il cui rendimento è salito parecchio – di pari passo con il loro rischio – mentre è scesa la loro quotazione sul mercato secondario. Bisogna inoltre tenere presente che CCT e CCTEu (diversamente dai BTP decennali), non godono dell’azione di sostegno della BCE.
* I CTZ: i loro rendimenti sono in discesa – segno della percezione di minore rischio-Italia da parte dei mercati, ma con tassi ancora buoni, soprattutto considerando che si tratta di una scadenza biennale. Oltre al solito rischio di default, che potrebbe rendere i titoli meno appetibili sul mercato per coloro che volessero rivenderli prima della scadenza, c’è anche da considerare un’eventuale crescita dell’inflazione potrebbe far salire i tassi e rendere più debole il vecchio CTZ sul mercato secondario.


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