Come guadagnare con la finanza decentralizzata (DeFi) – suggerimenti utili

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La DeFi – Finanza decentralizzata

La finanza decentralizzata, più nota con il termine contratto inglese DeFi è l’insieme dei prodotti e dei servizi finanziari tradizionali offerti su reti decentralizzate. Consente quindi di contrarre prestiti (borrowing), prestare denaro (lending), fornire liquidità a coppie di scambio (liquidity providing o LP), ecc. Ne abbiamo parlato in maniera sintetica su questa pagina. In questo articolo ci addentreremo un po’ più nei particolari del modus operandi con vari consigli e qualche avvertenza sui pericoli che si possono incontrare.

Come, quanto e cosa si guadagna con la DeFi?

Generalmente, chi si interfaccia per le prime volte con la DeFi si limita a fornire liquidità alle cosiddette pool di liquidità, ottenendo una percentuale a titolo di interesse per il capitale depositato; questo interesse (reward) viene pagato di norma (anche se non sempre) nel token di governance della piattaforma utilizzata (ad esempio, su PancakeSwap i reward sono pagati in CAKE, su Uniswap vengono pagati in UNI, su Sushiswap in SUSHI, e così via). In concreto, l’investitore deve aggiungere liquidità a una coppia di scambio, come BNB/CAKE, fornendo i due token nella quantità indicata dalla piattaforma stessa. Quest’ultima ci restituirà degli LP token (ovvero, dei token delle liquidity pool), che l’investitore deve quindi depositare e mettere in staking (ovvero in modalità passiva che consente di ricevere profitti) all’interno della pool. I reward sono indicati dalle pool presenti sulle diverse piattaforme con due sigle differenti, che spesso creano confusione nei neofiti:

  • APR significa annual percentage rate, ed è il tasso di interesse annuo pagato dalla pool al netto del compound (cioè del reinvestimento dei guadagni ottenuti). Di solito è ottenuto dalle fees di swap (ovvero, le commissioni di scambio) sulla piattaforma stessa, che sono molto più alte di quelle offerte dalle case di cambio centralizzate (CEX), dove si paga in genere lo 0.1 per cento (spesso scontabile ulteriormente), mentre sui servizi di scambio mediante Decentralized Exchange (più noti come DEX) si può anche pagare lo 0.3 – 0.5 – 1%.
  • APY significa annual percentage yield, ed è il rendimento calcolato al lordo del compound, cioè riversando nella pool i guadagni ottenuti dalla stessa.

Com’è facilmente intuibile, gli APY sono sempre più alti dell’APR, ma non sempre sono più redditizi: se una piattaforma offre un’APR del 90% sulla pool CAKE/BNB e un’altra propone il 110% di APY sulla stessa pool, conviene scegliere senza dubbio la prima perché i guadagni saranno sicuramente più elevati. Infatti, la prima piattaforma non calcola nella percentuale il compound, che se fosse sommato porterebbe l’APY ad esempio al 250-300%. Le piattaforme riescono a generare simili interessi perché le fees sui DEX (sui quali noi swappiamo, cioè scambiamo token tra loro) sono molto più alte rispetto agli exchange centralizzati. Alcune piattaforme inoltre utilizzano il capitale degli investitori, parcheggiato nelle pool, per effettuare macrotransazioni di arbitraggio, di grid bot o per operazioni speculative in generale che consentono alla piattaforma di incrementare ulteriormente gli APY generati: questo perché risparmiano una grande quantità di fees; ad esempio, invece di muovere mille volte 100 dollari, muovono direttamente 100000 dollari con una sola transazione e riversano dentro la pool i guadagni ottenuti dal minor costo delle transazioni.

Differenza tra aggregatori e AMM

Le piattaforme di cui abbiamo parlato sopra si chiamano aggregatori di liquidità o di rendimento (yield aggregators/optimizers) e si differenziano dagli AMM (automatic market makers) perché fanno autocompound con gli LP token degli investitori (cioè reinvestono automaticamente i rewards ottenuti dalla pool) e non di rado applicano strategie di ottimizzazione dei rewards. Attenzione, però: gli aggregatori sono un po’ più rischiosi in generale perché si interagisce con uno smart contract in più. Ribadisco un concetto importante perché potrebbe non essere tanto intuitivo, soprattutto per chi è alle prime armi: sugli AMM, i rewards delle pool sono in genere pagati nel token di governance (se si versa liquidità nella pool ETH/USDT su Uniswap, si guadagnano UNI) mente sugli aggregatori si è pagati in LP (se si dà liquidità alla pool CAKE/BNB su Autofarm, si guadagnano LP tokens CAKE/BNB, che saranno autoreinvestiti e cresceranno quindi di numero). Più precisamente, gli AMM ripagano il liquidity provider con una quota parte delle fees di swap tra i token della coppia che compone la pool in cui ha depositato liquidità; se il liquidity provider mette anche in staking i suoi LP, la piattaforma lo ripaga con il token di governance, che viene così mintato (e distribuito). Sia chiaro però che il grosso del guadagno proviene comunque dal farming di questo token di governance.

Sulle diverse piattaforme, troverete funzionalità molto più innovative e numerose di quelle qui sopra descritte, o combinazioni di queste ultime. Ad esempio:

  • rewards pagati in 2 token, ognuno con la propria percentuale;
  • rewards pagati in LP tokens e nel token di governance;
  • rewards pagati in token scelti discrezionalmente dall’utente entro certi paletti (come ad esempio fa CAKE);
  • rewards che possono essere molto alti ma vincolati per un certo periodo, pena la perdita del 25-50% degli stessi.

Suggeriamo di non sperimentare queste funzioni con grossi capitali e in ogni caso di cominciare sempre dalle operazioni più semplici.

Mix di consigli utili per i principianti

Consultate la Binance Academy e cercate di apprendere il più possibile: i loro contenuti sono elementari, ma aiutano a familiarizzare con i concetti di base.

Non sarà affatto una perdita di tempo guardare tutti i video sull’argomento DeFi degli esperti del settore (tra i cognomi più noti ci sono Tridico, Zaragast, Boiardi, Cavicchioli e Travaglini), perché i loro contenuti fanno comunque volume in termini di conoscenza.

Utile anche leggere articoli su media che trattano il tema, nonché la documentazione pubblicata dalle diverse piattaforme per capirne meglio le meccaniche (tra le più consigliabili ci sono Curve, Compound, Aave, Uniswap e Cryptos).

Occorre prestare sempre la dovuta attenzione alle fees che vengono richieste per le diverse operazioni sulle varie piattaforme: una pool può avere APY altissimi (ad es 15k%) ma prevedere sia fees di deposito che di prelievo del 2-5-10% per incentivare i liquidity provider a mantenere il capitale nella pool per lungo tempo (e per pagare gli APY spropositati promessi). Diventano molto convenienti sul lungo periodo, ma vi impediscono di muovere il capitale nel breve termine. Sui token che sceglierete di depositare, la parola d’ordine è DYOR: fate le vostre (accurate) ricerche personali.

Consultate, studiate e assorbite quanto più potete dal wiki di RugDoc (https://wiki.rugdoc.io/), che è una sorta di bibbia nella finanza decentralizzata, senza il quale forse la DeFi sarebbe solo sofferenza, oblio, smarrimento (tra l’altro, il servizio ha anche una chat Telegram). Anche il sito RugDoc stesso (https://rugdoc.io/) ha un approccio molto serio. Vi sono elencate tutte le piattaforme DeFi che RugDoc ha verificato, assegnando a ciascuna un livello di “rischio” diverso e graduato. Su quelle definite a basso rischio si può depositare con relativa tranquillità, mentre su quelle segnalate a pericolo elevato non conviene depositare. A questo punto, sorge spontanea la domanda: chi si nasconde dietro il nome RugDoc? Potrebbe essere una persona sola o un gruppo, in ogni caso questo portale offre, per passione o per masochismo, un servizio davvero utile, poiché ama verificare, in modo del tutto gratuito, i codici di programmazione dei diversi smart contracts utilizzati dalle piattaforme DeFi, nei quali molti di noi depositano denaro. RugDoc lascia il suo indirizzo pubblico sul sito e accetta (anche se non impone) donazioni dagli utenti per il grandissimo contributo apportato alla causa: francamente, lo merita.

Cercate sempre gli URL legittimi delle diverse piattaforme, non selezionate il primo link che vi suggerisce Google, perché molto verosimilmente sarà uno scam, cioè un raggiro. Meglio procedere così: visitate Coinmarketcap, inserite il nome del token che state cercando e, una volta trovato, selezionatelo. Vi apparirà anche il “link ufficiale della piattaforma/dapp” (assicuratevi che il ticker del token corrisponda al progetto che stavate cercando, confrontando market cap, supply, ecc. con i dati presenti sui CEX).

Quali rischi si corrono con la DeFi?

Come in ogni aspetto della vita, anche nella finanza decentralizzata non tutto è oro quello che luccica. Quelli che elencherò di seguito sono i rischi pericoli insiti in questo settore, chiamati con il loro nome gergale.

1) Rug pull, significa “tirare il tappeto (lasciando col sedere per terra chi c’era sopra)”. È il pericolo più odioso (perché doloso), ma anche uno dei più semplici da prevenire o quantomeno da limitare. Per dirla in poche parole, in questo caso i DEV delle piattaforme inseriscono una stringa di codice nello smart contract che gestisce la/le pool. Questa stringa consente loro di prelevare l’intera somma depositata sulla stessa, o addirittura sull’intera piattaforma. Per fortuna, se lo vogliamo, RugDoc interviene in nostro aiuto, in quanto verifica per la violabilità e la permeabilità ai bug degli smart contracts delle diverse pool presenti sulle diverse piattaforme. Pertanto, consultatelo sempre prima di depositare il vostro capitale da qualche parte: se non trovate la vostra pool su RugDoc, può significare due cose: 1. è una pool nuovissima (ovvero, rischiosa) 2. non viene nemmeno presa in considerazione (in questo caso è rischiosissima).

2) Flash loan exploit. È uno dei pericoli più concreti, perché richiede competenze basilari in ambito informatico e finanziario ed è rapidissimo (si verifica in un intervallo temporale compreso tra due secondi e qualche minuto). È più difficile da spiegare che da fare: sostanzialmente il criminale di turno prende a prestito (non collateralizzato, cioè non coperto da garanzie) grandissime quantità di un determinato token su lending and borrowing protocols (come Aave, Compound, MakerDAO, Yearn Finance, ecc.), che poi utilizza per manipolare il valore di mercato di un altro o dello stesso token, vendendo in gain e abbattendo il prezzo del token scelto per l’exploit. Le migliori piattaforme adottano strategie di mitigazione o eliminazione del rischio flash loan exploit (ad esempio, mettendo un tetto massimo allo swap), ma vi consigliamo di verificare sempre su RugDoc quale sia la situazione corrente.

3) Bug degli smart contracts. È un errore nel codice di programmazione dello smart contract che regola il funzionamento della pool, il quale comporta l’impossibilità di prelevare una parte o la totalità dei fondi depositati al suo interno (i soldi ci sono, nessuno li ha rubati, ma non è più possibile recuperarli perché rimangono intrappolati nella blockchain a causa del bug, che ostacola o impedisce il prelievo). Se consultate a monte RugDoc, però, per l’ennesima volta potrà salvare il vostro portafoglio: le sue verifiche si estendono, come detto sopra, anche alla permeabilità ai bug dei diversi smart contracts utilizzati dalle piattaforme. Consultatelo, verificate e poi eventualmente depositate.

4) Attacchi DoS (denial-of-service, negazione di servizio), in cui il malintenzionato cerca di impedire l’accesso agli utenti. Gli hacker sfruttano le vulnerabilità degli Smart contracts che gestiscono le pool per impadronirsi delle somme depositate al suo interno. Le modalità attraverso le quali raggiungono questo risultato a noi sono ignote, vi basti sapere che sono tante. Anche in questo RugDoc è il vostro migliore amico, che ringrazierete.

5) Impermanent loss, ovvero “perdita impermanente” o “perdita non permanente” o semplicemente “IL”. Sulle pool tra altcoin, questo è il rischio dal quale è difficile scappare, oserei dire inevitabile. L’IL è la perdita, di carattere temporaneo, che si verifica quando il liquidity provider fornisce liquidità a una pool nella quale almeno uno dei due token che la compongono è volatile nel prezzo, e questo (oppure questi, se entrambi i token nella pool sono altcoin ovvero delle criptovalute diverse dal Bitcoin) si apprezza o si deprezza rispetto al momento nel quale l’investitore ha aggiunto liquidità costruendo l’LP. La definizione può risultare incomprensibile agli occhi di un novizio, per questo presentiamo un esempio concreto, ripreso da Binance Academy.

Alice deposita 1 ETH e 100 DAI in una pool di liquidità. In questo particolare (AMM), la coppia di token depositati deve avere un valore equivalente. Ciò significa che il prezzo di ETH è 100 DAI al momento del deposito. Inoltre, il valore in dollari del deposito di Alice equivale a 200 USD al deposito. Nella pool troviamo un totale di 10 ETH e 1000 DAI – forniti da altri LP proprio come Alice. Quindi, Alice ha una quota del 10% sulla pool, e la liquidità totale è 10.000 (ciò significa che Alice guadagnerà il 10% delle fees raccolte da quella pool: più si riempie di liquidità la pool, più la sua percentuale sull’intero valore depositato all’interno diminuirà). Supponiamo che il prezzo di ETH salga a 400 DAI. Mentre questo avviene, i trader che sfruttano l’opportunità di arbitraggio aggiungeranno DAI alla pool e ne rimuoveranno ETH finché il rapporto tra i 2 token riflette il prezzo corrente. Ricordate: gli AMM non hanno order book (ovvero istantanee di tutti i limit order di acquisto e vendita per una criptovaluta inseriti su una piattaforma exchange). Ciò che determina il prezzo degli asset nella pool è il rapporto tra i due nella pool. Mentre la liquidità rimane costante (10.000), il rapporto tra gli asset al suo interno cambia. Se ETH ora vale 400 DAI, il rapporto tra la quantità di ETH e di DAI nella pool è cambiato. Ora ci sono 5 ETH e 2000 DAI nella pool, grazie all’arbitraggio dei trader, ovvero al loro ricorso a una strategia di trading a basso rischio che approfitta delle differenze di prezzo tra un mercato e l’altro.

Apriamo una parentesi importante: perché i trader fanno arbitraggio? Ricordiamo che quando si opera in DeFi, si interagisce con applicazioni decentralizzate, cioè on-chain, che non possono conoscere il prezzo di mercato dei token in tempo reale. Affinché possano assegnare un valore ai token al loro interno, queste piattaforme devono affidarsi agli oracoli (come Chainlink), che trasferiscono on-chain dei dati off-chain, come per l’appunto i valori esatti dei token volatili). Questo processo impiega un certo lasso di tempo, durante il quale il prezzo su DEX di una certa altcoin (ad esempio ETH) è maggiore o minore rispetto a quello di mercato, presente su CEX. Ed è qui che interviene l’arbitraggio: durante questa finestra temporale, gli arbitraggisti comprano o vendono a sconto su CEX o DEX, fino al pieno e corretto ribilanciamento del peso dei due token all’interno delle pool sulle varie piattaforme. Ad esempio: il mercato crolla all’improvviso e il prezzo di ETH, che era di 100 dollari, scende a 50. Su DEX però ETH vale ancora 100, perché l’oracolo non ha ancora aggiornato il prezzo di ETH. L’arbitraggista compra ETH su CEX (ad esempio su Binance) a 50 e lo vende su Uniswap a 100, swappandolo con USDT (quindi prelevando USDT in cambio di ETH dalla pool ETH/USDT su Uniswap). In questo modo, il numero degli ETH nella pool salirà, mentre diminuirà in proporzione il numero di USDT.

Torniamo ora alla nostra investitrice Alice. Alice decide di prelevare i suoi fondi. Come abbiamo menzionato prima, ha diritto a una quota del 10% sulla pool. Di conseguenza, può prelevare 0,5 ETH e 200 DAI, per un totale di 400 USD. Ha realizzato dei profitti considerevoli dato che il suo deposito di token valeva 200 USD, giusto? Ma cosa sarebbe successo se avesse semplicemente conservato i suoi 1 ETH e 100 DAI? Il valore in dollari combinato di questi asset sarebbe ora pari a 500 USD. Capiamo che Alice avrebbe fatto meglio a HODLare (ovvero a conservare per un lungo periodo) invece di depositare in una pool di liquidità. Questo è ciò che chiamiamo “perdita impermanente”. In questo caso, la perdita impermanente di Alice non è così grave, in quanto il deposito iniziale era una somma relativamente piccola. Bisogna però ricordare che la perdita impermanente può portare a grandi perdite (inclusa una porzione significativa del deposito iniziale). Molto spesso, almeno nelle situazioni di mercato rialzista e laterale, gli APY non solo compensano l’IL, ma consentono anche di generare ottimi guadagni. Peccato che le percentuali di rewards vadano soppesate con i rischi sopra elencati, che di certo non sono pochi, né tantomeno di modesta entità. Bisogna avere sangue freddo, competenza, spirito di avventura, oltre che molta fiducia e pazienza.


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