Cosa si rischia con il fisco con il trading online

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Nell’ultimo anno sta spopolando il trading online. Per chi non lo sapesse, si intende la compravendita di strumenti finanziari tramite internet. In Italia è nato solamene nel 1999, ma in quest’ultimo anno ha visto una crescita esponenziale. Sono tantissime le piattaforme che permettono di svolgere questa pratica e siti che consigliano i migliori conti trading online nel 2021.

Questo, però, può costare molto caro agli utenti meno esperti. Aprire una posizione su piattaforme estere, infatti, ti fa entrare nel mirino dell’Agenzia delle entrate. In pochi sanno che il volume dei propri investimenti in titoli, criptovalute e prodotti finanziari della più varia natura deve essere dichiarato al Fisco ogni anno.

A “IlGiornale.it” l’avvocato Filippo Caruso, tributarista attivo a Milano, ha spiegato come funziona: “Se l’accesso a queste piattaforme è molto semplice, lo stesso non si può dire del loro trattamento fiscale, soprattutto per chi non è avvezzo a nozioni legate alla tassazione dei proventi finanziari e del monitoraggio fiscale internazionale.

Prima di tutto bisogna dire che, come spesso accade, il legislatore e la prassi dell’Amministrazione finanziaria sono in ritardo rispetto all’evoluzione degli eventi e questo fa sì che, ad oggi, la normativa di riferimento rimane quella dell’articolo 67 del Testo unico in materia di imposte sul reddito relativo al capital gain”.

Continua ricordando a tutti i lettori e ai meno esperti che avventurarsi nel trading online può essere pericoloso, se non ci si lascia assistere da un fiscalista o da un consulente. È impossibile sfuggire al Fisco: “In linea generale si può affermare che chiunque investe fa trading online deve ricordarsi che ogni provento realizzato deve essere tassato e, se il denaro investito è trasferito all’estero, deve anche essere dichiarato nel quadro RW del Modello Redditi ai fini del monitoraggio fiscale”.

Caruso ricorda il peso delle imposte sui guadagni maturati su piattaforme online: “Generalmente si applica la sostituiva del 26%, ma possono esserci casi in cui è prevista la tassazione marginale, ossia il guadagno si somma agli altri redditi prodotti nell’anno e sconta la relativa aliquota IRPEF”.

L’avvocato tributarista di Milano, ovviamente ricorda come mancate dichiarazioni possano comportare un procedimento penale: “Qualora l’investitore non dichiari le operazioni al Fisco, oltre a vedersi accertata l’imposta relativa alle plusvalenze realizzate, rischia di incorrere in sanzioni amministrative e, superato determinate soglie, anche penali.

Infatti, sugli importi non dichiarati ai fini delle imposte, le sanzioni possono andare dal 90% al 180% dell’imposta evasa se il contribuente ha presentato la dichiarazione dei redditi; diversamente, quindi con una dichiarazione non presentata, le sanzioni salgono dal 120% al 240%, salvo ovviamente l’applicazione di maggiorazioni che possono essere discrezionalmente irrogate dall’Agenzia delle Entrate in base al comportamento effettivamente tenuto dal contribuente”.

L’avvocato Caruso alla fine prova a dare un consiglio su come agire prima di ricevere avvisi di pagamento e cartelle esattoriali: “Ogni contribuente può correre ai ripari usufruendo del cosiddetto ravvedimento operoso. È possibile mitigare gli effetti sanzionatori anche dopo l’accertamento. Meglio però giocare di anticipo per evitare gravi ripercussioni”.


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