ETF: quali sono i costi occulti e quale tipologia preferire

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Ieri abbiamo dato qualche linea guida sulla scelta dei fondi comuni di investimento. Fermi restando tutti i principi generali già elencati, dobbiamo fare un discorso a parte per gli ETF, ovvero i fondi quotati in Borsa.

Gli Exchange-Traded Funds seguono infatti una gestione passiva e replicano gli indici di riferimento, che possono essere indici obbligazionari, geografici, settoriali o azionari. I loro costi totali sono decisamente più bassi di quelli di altri prodotti finanziari, poiché non prevedono commissioni per apertura, chiusura del contratto, né costi legati alla performance del titolo.

Bisogna invece tenere conto dello spread, ossia dello scarto tra prezzo di sottoscrizione e prezzo di vendita: questo è il più importante costo occulto degli ETF. Inoltre, gli ETF sono sottoposti a un differente regime fiscale, che potrebbe rivelarsi penalizzante, soprattutto nel caso di vendita in tempi brevi oppure con margini limitati. In questi casi, l’aliquota effettiva potrebbe superare il 12,50 per cento, in quanto non è calcolata sul risultato ottenuto da chi sottoscrive, bensì sulla differenza tra i valori di portafoglio al momento dell’acquisto e della vendita.

Per quanto concerne il margine di rischio insito negli ETF, bisogna operare un distinguo: se l’ETF opera su titoli fisici il rischio è minore, mentre l’incertezza sale se opera su contratti derivati. Se non siete per il rischio, preferite decisamente i titoli dotati di una loro ‘consistenza’ rispetto a quelli poco trasparenti.


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