Pro e contro della Tobin Tax sulle transazioni finanziarie

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La Tobin Tax è così chiamata dal nome di James Tobin, Nobel per l’economia che la propose nell’ormai lontano 1972 come ausilio per portare stabilità nei mercati valutari internazionali, ai tempi in situazione di caos più totale per via dell’abolizione delle parità fisse nei rapporti di cambio tra le valute. La tassa non è mai stata applicata in passato, ma viene puntualmente invocata quando i mercati si trovano in una situazione di particolare turbolenza, come quella attuale. Se venisse introdotta, colpirebbe in maniera modica le transazioni finanziarie, con una penalizzazione più intensa per le attività di speculazione a breve termine. Aumentando il costo delle transazioni speculative, dovrebbe renderle meno frequenti. Invece per gli investimenti a lungo termine, anche una piccola tassa cambierebbe di poco il rendimento finale.

Secondo i suoi sostenitori, la Tobin Tax porterebbe a una maggiore stabilità sui mercati. Secondo i detrattori, invece, renderebbe meno semplici i meccanismi della finanza internazionale, con effetti negativi.

Anche se in passato la Tobin Tax è stata più invocata dalle forze politiche di sinistra, al momento anche gli schieramenti di centro destra (come quelli al governo in Germania e in Francia) la stanno chiedendo. Chi si oppone strenuamente in Europa è invece il conservatore David Cameron inglese, principalmente per timore che la tassa diminuisca gli introiti della Borsa di Londra, determinante per stabilire il PIL britannico.

Quali potrebbero essere gli effetti positivi della tassa? Sicuramente servirebbe a diminuire il numero di movimenti speculativi che si susseguono freneticamente: essi arricchiscono gli investitori più abili, ma amplificano la volatilità dei mercati ed esasperano sia le salite di certi settori dell’economia (le cosiddette bolle) che le loro discese (o crolli).

Gli effetti negativi della tassa sono da intravvedere solo nel caso in cui essa sia introdotta in una sola nazione, oppure in un solo gruppo di nazioni (come l’Europa). In questo caso, le transazioni non farebbero altro che spostarsi su mercati finanziari esentati dalla tassa.


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