Investire nei CcT e CcTEu (Certificati di credito del Tesoro): vantaggi e limiti

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Certificati di credito del Tesoro, questo indica la sigla CCT, una varietà di titoli di stato a medio-lungo termine con rendimento a tasso variabile. I CcT si differenziano dai Btp proprio nel fatto di non offrire una cedola fissa, bensì interessi semestrali che dipendono un parametro interno e da uno esterno, come vedremo meglio sotto.

I CcT si suddividono un due tipologie:
* CcT classici: i loro interessi vengono versati mediante cedole semestrali. Il tasso di interesse è calcolato sulla base di quello del rendimento dei BOT a sei mesi registrato nel corso dell’ultima asta precedente il godimento della cedola a cui viene aggiunto una maggiorazione (o spread) pari a 15 punti base (ovvero, lo 0,15%). Le commissioni per il collocamento dei titoli sono dello 0,30% e se ne fa carico il Tesoro.
* CcTEu: esistono dal 2010 e, pur essendo a tasso variabile, sono indicizzati al tasso di interesse interbancario Euribor semestrale (invece che ai BOT), a cui si aggiunge uno spread che va dallo 0,6 all’1,0, direttamente proporzionale a quanto è lontana la scadenza dell’emissione. I primi CcTEu emessi scadevano a 5 anni, poi si è passati alla scadenza settennale, che è tuttora l’unica possibile.

Entrambi i tipi di CcT possono essere sottoscritti per un importo minimo di 1000 euro oppure per un multiplo di questa cifra.

Ha senso oggi come oggi investire in CcT, quando sia i rendimenti dei BOT che il tasso Euribor sono a livelli alquanto bassi? Sì, in un’ottica di diversificazione del portafoglio, che è sempre consigliabile – anche se non si prevede che i tassi di interesse aumenteranno a breve. Inoltre, a differenza di quanto sta avvenendo con i Btp, al momento le quotazioni di gran parte dei CcT sono inferiori rispetto al valore nominale: questo attira molti investitori e li induce allo “shopping”.

L’11 aprile scorso si è svolta un’asta di CcT quadriennali, che ha riscosso minore eco rispetto a quelle dei BTP e dei BTP-Italia. Questo titolo è stato collocato con una maggiorazione di 2,50 punti l’anno e attualmente il livello della cedola è del 2,817% lordo l’anno, mentre il prezzo di mercato è lievemente superiore a 100.

Per quanto riguarda la scelta tra “vecchi CcT” e CcTEu, bisogna osservare il rendimento dei due parametri: l’indicizzazione (al BOT vs. all’Euribor) e lo spread: a livello di indicizzazione il CcT classico offre al momento lo 0,50%, mentre quello più recente offre di meno (lo 0,33% circa). Invece, a livello di maggiorazione (o spread), il vecchio Cct applica lo 0,30% e il nuovo CcT può andare dallo 0,80% al 2,50% a seconda dell’emissione: i nostri lettori dovranno quindi effettuare una somma tra i due parametri a seconda del titolo che hanno davanti.

Infine, i un paragone tra BTP-i, BTP-Italia, BTP€i e CcTEu, risultano decisamente più remunerativi i flussi cedolari dei primi due, perché indicizzati all’inflazione italiana piuttosto che i secondi, indicizzati all’inflazione dell’area euro.

Per chi volesse approfondire il discorso, consigliamo di seguire il link per uno specchietto sulle differenze tra i vari titoli di stato.


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